"Hey Charlie, let's play the blues": il genio di Charlie Christian

 
 
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"Hey Charlie, let's play the blues":
il genio di Charlie Christian







di John Milner

 

 


Si puo' definire una di quelle meravigliose sorprese che solo il jazz sa riservare : Charlie Cristian non era il precursore della chitarra elettrica, in quanto lo avevano preceduto Eddie Durham e Floyd Smith; non aveva maturato le sue smaglianti idee musicali attraverso lunghe o particolari esperienze, non ne aveva l'eta'; era qualcosa di nuovo e raramente accaduto, un musicista in grado di influenzare non solo chi suonava il suo strumento,ma tutta la scena jazzistica, un talento creativo eccezionale che improvvisamente irrompeva nell'era dello Swing con un sound modernissimo e che sanciva un ruolo da solista per uno strumento che in America, in ambito jazzistico, ancora non lo aveva.
Il tutto passando come una meteora, lasciandoci brani che sarebbero rimasti nella storia, e poi scomparendo a soli 26 anni.
Nato nel 1916, aveva passato l' infanzia immerso nel blues, che in Oklahoma risuonava ovunque, quello dei mendicanti itineranti, dei girovaghi che percorrevano citta' e campagne accompagnandosi con la chitarra. Inoltre nella sua famiglia tutti sapevano suonare uno strumento e i genitori per un certo tempo erano stati musicisti di professione. Lui aveva iniziato con una rudimentale chitarra autocostruita, esercitandosi intensamente non appena aveva potuto disporre dello strumento vero e proprio e ascoltando qui e la' buoni musicisti. Finche' ebbe l'occasione di ascoltare Lester Young e pare che proprio il sassofonista sia stato il suo principale ispiratore.
Dal 1934 Christian inizio' a trovare lavoro presso varie orchestre locali che si esibivano in quello stato e comincio' ad essere notato sia per la sua velocita' di esecuzione, sia per le frasi musicali che era in grado di comporre. E capito' che la pianista Mary Lou Williams lo ascoltasse e ne parlasse immediatamente al mecenate John Hammond, che racconta " Presi il primo aereo per incontrare Christian, fu un viaggio disastroso con molte tappe, ma appena giunto, Charlie era gia' li' ad aspettarmi con una sua orchestra, una band mediocre che suonava tre volte alla settimana al Ritz Club, e i cui componenti erano pagati due dollari e mezzo per sera... Non avevo incontrato molti geni fino ad allora, Armstrong, Lester Young, Coleman Hawkins, Teddy Wilson, ma in quel momento ebbi la certezza di averne incontrato un altro: Charlie suonava meravigliosamente!"
Hammond si chiese subito come quella musica potesse integrarsi con i piccoli complessi che aveva impiantato Benny Goodman,che allora era gia' suo cognato e in quel momento stava registrando in California per la Columbia. Lo convinse a pagare il viaggio di Christian fin la' e il chitarrista arrivo' proprio nel bel mezzo di una seduta di incisione. Il ragazzo di campagna non fece evidentemente buona impressione a Goodman, che era uomo assai difficile, ne' valsero un paio di minuti di audizione sulle note di "Tea for two". Cosi' Charlie fu subito scaricato. Hammond non si diede pero' per vinto e, reclutata una claque di una trentina di amici, approfitto' di un momento di intervallo del quartetto di Goodman, che suonava al Victor Hugo, per far salire sulla pedana il chitarrista. Goodman cerco' di contenere la rabbia e inizio' a suonare, forse con la convinzione che poche battute avrebbero indotto Christian a rinunciare.
Restarono tutti allibiti,e l'esecuzione duro' 48 minuti!: nessun chitarrista aveva mai suonato in quel modo. Fu assunto. Era il 1939 e nuova linfa stava per essere immessa nel mondo del jazz. Con le sue interpretazioni in brani come "Waltin' for Benny", "Air mail special", "Flying home", "Seven come Eleven", "Blues in B", "Solo flight", Charlie Christian non solo portava un' incredibile ventata di freschezza, scatto e novita', ma la sua musica, fusa con le idee di pochi altri musicisti, stava gia' gettando le basi per il bop e per gli sviluppi successivi.
La voce corse per tutta l'America e tutti volevano ascoltare il giovane chitarrista venuto dal sud-ovest. E similmente a quanto era accaduto dieci anni prima a Bix Beiderbecke, Christian si sottopose a un ritmo di vita folle,tra musica e sregolatezza, solo che a differenza del giovanotto con la tromba di Davemport, Charlie aveva sfondato subito,veniva presentato come il chitarrista piu' " terrific" della storia del jazz e stava partecipando a concerti nei contesti piu' prestigiosi, come alla Carnegie Hall dove prese parte alle famose sedute From Spiritual to Swing.
Nel 1940 Christian prese alloggio ad Harlem e non appena apri' il Minton' s fu subito di casa. Finito il lavoro con la band di Goodman, si precipitava la' immergendosi in forsennate jam session fino al mattino, e venendo in contatto con musicisti come Dizzy Gillespie, Kenny Clarke, Thelonious Monk. La sua capacita' di improvvisazione sembrava illimitata, riff si susseguivano a riff ; poi, in altre ore, c'erano le sedute di registrazione, con il Sestetto di Goodman, con la sua Big Band, e con formazioni diverse.
Gia' sofferente di tubercolosi, si aggravo' e fu ricoverato nell'estate del 1941. La cronaca di quei mesi parla dell'affollamento di musicisti attorno al suo letto, alcuni dei quali gli portavano anche marijuana. Mori' il 2 marzo 1942 a 26 anni. In due soli, incredibili anni, aveva influenzato come pochi altri l'intera musica afro-americana. Citare i meravigliosi brani da lui eseguiti costituirebbe solo un lungo elenco, vanno necessariamente ascoltati per restare coinvolti dal suo irresistibile swing e dalle sue creazioni incredibilmente ispirate e anticipatrici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




 


 

 




 

 

 

 

 

 





 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
   
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