LA " REGINA DEL CABARET "

 
 
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UN PROFUMO DI LIBERTA' CHE NON SI DISSOLVE :
LA MUSICA DI GLENN MILLER



Di Paolo Piccardo




“ Una Band dovrebbe avere un suono tutto suo. Dovrebbe avere personalità “ ( Glenn Miller)

La mattina del 15 dicembre 1944 tre figure presero una jeep militare diretti verso un aereo in attesa poco distante. Uno di loro,con l’uniforme di Maggiore dell’Aviazione Americana, salutò una persona “Ciao Zeke,ci vediamo laggiù!” , sparendo nella foschia del giorno nascente.
Zeke Zarchy, grande trombettista del jazz e dello swing, membro della Army Air Force Band, in quel periodo ricorda ancora l’ultimo saluto di Glenn Miller. Il resto è storia, il mancato arrivo a Parigi,  gli anni di mistero, le illazioni sulla fine del grande musicista, la quasi certa fine dovuta ad una bomba inerte lasciata cadere da un bombardiere inglese di ritorno alla base dopo una missione interrotta.
Quello che tutti si chiedono è il perché della scelta di chiudere la più  famosa orchestra da ballo della storia americana per arruolarsi in Aviazione.
Miller era una persona assolutamente quadrata,i suoi contemporanei dicono che per lui non esistevano grigi. Tutto era bianco o nero. Un “colpo di testa “ del genere colse tutti di sorpresa. Ma vediamo di capire:
l’entrata in guerra degli Stati Uniti nel dicembre 1941 sconvolse, tra le altre cose, tutto lo show business. I migliori musicisti venivano arruolati, le Orchestre più celebri dovevano ridurre gli organici, assumere sezioni di ragazze, riesumare vecchissimi strumentisti (Miff Mole con Benny Goodman, ad esempio). Miller,abituato ad essere il beniamino dei giovani ventenni, aveva sempre preso con la massima serietà il rispetto per il pubblico, ed è facile capire che in qualche modo volesse continuare ad essergli vicino. Il lavoro di creazione di una nuova orchestra, formata da grandi elementi ora sotto le armi, gli offrì l’opportunità di mantenere alto il morale delle truppe,non solo via radio trasmissioni, ma presenziando vicino al front, per quanto possibile, portando un soffio della buona aria di casa ai soldati. In questo fu senz’altro aiutato dal Dipartimento di Stato, che, conscio dell’importanza dello stato d’animo delle truppe,spianò a Miller tutte le strade, contrastando una certa aria di riluttanza tra i grossi papaveri dello Stato Maggiore dell’Aviazione,che non vedevano di buon occhio un civile fregiarsi di gradi “onorifici”.
Gli aneddoti si sprecano. Un vecchio generale si arrabbiò moltissimo vedendo l’ orchestra marciare con contrabbasso e batteria jazz caricate sulle jeep in mezzo agli altri musicisti. Disse che le marce tradizionali di J.P.Sousa erano state una spinta decisiva nella Grande Guerra. Miller rispose piccato “ non voliamo mica con gli stessi aerei del 1918, pero’ ! “
Un’altra volta venne ripreso da un altro ufficiale perché i quattro tromboni della prima fila non muovevano le coulisse allo stesso modo...!
A parte queste amenità, il lavoro della band, per fortuna tutto salvato su disco, era superlativo. Inoltre le trasmissioni venivano irradiate verso la Germania, e molte canzoni cantate in tedesco per “preparare” soldati e popolazione al prossimo arrivo degli Alleati. I risultati furono eccellenti. Presentatrici tedesche annunciavano queste trasmissioni, che aiutarono non poco lo sforzo alleato.
L’Orchestra, in formazione di Big Band più sezione di archi, cantante solista e quartetto vocale, è incredibilmente fresca e tecnicamente superlativa. Le dinamiche, i colori l’intonazione, sono sorprendenti, sia nelle ballads che nei pezzi più jazzistici. Del resto i componenti provenivano tutti dalle migliori orchestre del paese ed è incredibile come Miller sia riuscito ad amalgamarli in breve tempo con uno stile inconfondibile.
Questo aveva tuttavia un prezzo. Prove infinite, disciplina ferrea (Miller costrinse Bernie Privin, trombettista, a tagliarsi i baffi che portava da anni poiche’ secondo lui causavano qualche problema con l’emissione del suono). Pare anche che alla notizia della scomparsa dell’aereo di Miller più di uno non ne fosse dispiaciuto.
Il 24 settembre 1942 la band aveva tenuto il suo ultimo “Chesterfield Show”, la compagnia che sponsorizzava i suoi prodotti con trasmissioni  radiofoniche  presentate dalle più famose orchestre. Di quella sera si ricorda come la cantante Marion Hutton scoppiasse in lacrime durante una canzone, fuggendo nelle quinte del teatro, e Miller stesso si ritirasse pima della fine dello spettacolo. Tutti erano tristi e spaesati. Infatti Glenn aveva avuto la conferma del suo arruolamento volontario pochi giorni prima…
Possiamo immaginare lo sgomento dei fans, per i quali le canzoni dell’orchestra erano al pari delle grandi hit odierne. Miller aveva trovato il suo suono caratteristico e non per caso, come riferito nel film “La Storia Di Glenn Miller” degli anni 50, ma con uno studio accurato della composizione e dell’arrangiamento in cui eccelleva, mutuato dal maestro Joseph Schillinger per il quale aveva composto uno studio per trombone che, arrangiato ed armonizzato, si sviluppò nel più grande successo dell’orchestra, nonché nell’ immortale sigla: “ Moonlight Serenade”.
La ricetta è semplice ma geniale. Nella scrittura convenzionale per Big Band la linea principale di canto è affidata , nel quintetto di saxofoni, al 1* sax alto,mentre gli altri sax , un alto, due tenori ed un baritono, svolgono le armonie in base all’arrangiamento.  Glenn passò la melodia ad un clarinetto,(affidato ad un sassofonista, ( quasi sempre Willie Schwartz) raddoppiandola con un sax tenore all’ottava inferiore (Al Klink) mentre il baritonista Ernie Caceres imbracciava il sax alto, assieme all’ altoista Hal McIntyre ed al tenorista Tex Beneke, solista principale e cantante in molti brani.
Niente di nuovo, Duke Ellington utilizzava queste configurazioni ben prima di Miller, ma l’orchestra raggiunse un grado di perfezione tale da lasciare sbalorditi gli ascoltatori ed i musicisti. Il vibrato delle ance perfettamente in sincrono, i volumi perfetti di trombe e tromboni, il controllo di Glenn sui suoi arrangiatori, e parliamo di Jerry Gray e Bill Finnegan, hanno prodotto qualcosa di unico ed inimitabile.

https://www.youtube.com/watch?v=ivF2KhS14F0
questa clip , tratta dal film del 1942 “Serenata a Vallechiara”, mostra Miller, al quale sfugge un sorriso di compiacimento, staccare la celebre sigla e poi eseguire la canzone “I Know Why And So Do You” con quello che è un capolavoro di mix , precisione ed ispirazione. Per la verità il pianista e la cantante sono attori,doppiati per l’occasione dai veri membri della band, ma tutti gli altri sono i membri autentici.
Questa Band in poco più di due anni conquistò le vette delle hit parades, delle classifiche di vendita di dischi, di presenze in radio e teatri. I musicisti jazz tendono a sottovalutare questa formazione, che in effetti può avere poco di jazzistico, benché in alcune registrazioni, dove il ferreo controllo di Miller si allentava, è possibile capire quello che era l’effettivo potenziale del gruppo, anche dal punto di vista jazzistico.
Da musicista mi è capitato di suonare molti dei cavalli di battaglia di Glenn Miller in formazioni similarmente strutturate…ebbene, le prime battute di “Moonlight Serenade” mi causano sempre la proverbiale pelle d’oca !

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
   
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