Jerry Mulligan Quartet pt.3

 
 
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Jerry Mulligan Quartet Parte 3
E un grande Brookmeyer


 

 

di Corrado Barbieri

 

 


Aldila' delle note vicende personali che avevano visto coinvolti i due protagonisti del Quartet e che avevano portato all'uscita di Chet Baker, e' importante soffermarsi sulle due differenti personalita' mettendole in relazione ai loro talenti specifici. La strabiliante abilita' naturale di Chet in assolo arditi, inusitati, pieni di immaginazione e il suo gusto per la semplicita' erano una sorta di caduta libera, nella quale tuttavia era facile per gli altri trovare l'accordo e Chet era d'altronde sempre aperto negli scambi di idee sul come suonare un certo brano. Aveva un suo feeling particolare che trasmetteva questa sua disponinilita'.
Gerry, grande arrangiatore, compositore, cervello di quanto stava accadendo, aveva un ego monumentale, per cui era convinto e gli piaceva evidenziare che Chet fosse una sua creatura, che lui ne fosse il mentore, cosa che urtava parecchio un solista del calibro di Chet. "Hey Gerry, I am me and you are you..." soleva dirgli spesso... Aldila' di ogni circostanza e accadinento sul piano pratico, era evidente che i due rimanevano sulle loro tendenze essenziali e a un certo punto divergenti.
Siamo ormai nel 1954, Chet si e' gia' allontanato, e Gerry mette al suo posto nel Quartet uno strumento diverso, il trombone a pistoni, suonato dal giovane Bob Brookmeyer. In un certo senso era ancora un esperimento, sicuramente una novita'. Il trombone a pistoni era apparso fin dalle origini del jazz,ma in effetti lo suonavano in pochi e non era uno strumento ambito.
Fuori luogo ogni paragone con le sedute del quartetto con Chet: il sound risulta diverso ma comunque straordinario e il timbro pastoso e il fraseggio fluente di Brookmeyer si possono apprezzare in contrappunti, unisoni, splendide fusioni col sax baritono di Gerry che rendono la musica di questa formazione una perla per l'ascolto e segnano un' altra pietra miliare nel jazz West Coast.
Giugno 1954: il quartetto, con una formazione composta da Mulligan e Brookmeyer e da Red Mitchell al basso e Frank Isola alla batteria, si esibisce alla Salle Pleyel di Parigi, davanti a un pubblico giudicato a priori difficile,specie verso i jazzisti bianchi. E' invece un concerto epocale,e i brani eseguiti, che faranno parte di due LP,infiammano la platea francese. Sedici pezzi, tra cui lo storico "Bernie' s Tune" (in questo caso e' opportuno e piacevole un confronto con le versioni del primo Quartet), "Lullaby of the Leaves", "Moonlight in Vermont", "The lady is a tramp" e uno strepitoso "Laura" (dove il sound di Mulligan e' indimenticabile) restano negli annali. Interessante come il batterista di Detroit Frank Isola, cresciuto al sound di Gene Krupa, quindi piuttosto incisivo e un po' fuori dai canoni West Coast, abbia invece un ruolo propulsivo straordinario e coinvolgente, particolare da meditare oltre che da godere!




 




 


 

 











 

 

 

 

 

 







 

 

 

 

 





 

 

 

 

 

 

 




 
 
   
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