Quei Raffinati Marziani

 
 
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QUEI RAFFINATI MARZIANI


 

di Corrado Barbieri

 


"Nel 1955 Shorty Rogers, il trombettista/ flicornista,ma soprattutto compositore e arrangiatore tra gli iniziatori dello stile West Coast, costituisce il gruppo Shorty Rogers and His Giants,con cui dara' vita ad alcune composizioni sperimentali, definibili "di avanguardia", registrate nell ' ambito di varie sedute alla Atlantic Records.
Contribuiscono in modo determinante alla realizzazione di questi brani musicisti come Jimmy Giuffre (per lui non sara' che l'inizio di questo tipo di esperienze), al clarino/sax tenore e baritono, Shelly Manne alla batteria, Pete Jolly al piano e Curtis Counce al basso. Un gruppo di musicisti legati da affinita' istintiva per la sperimentazione.
Il brano che caratterizzera' i Giants, compreso negli album The Swinging Mr.Rogers, e' "Martians go home", dove il ruolo centrale e' svolto da Shelly Manne e dal bassista Curtis Counce. Shelly e' gia' il piu' tipico esponente dello stile di batteria West Coast, massimo esempio di quel nuovo approccio, inaugurato sia da lui che da Chico Hamilton, definito da alcuni "anti-drummer", nel senso che sovverte il concetto della batteria ad "alta energia" legato al jazz moderno. E' una visione diversa del ruolo delle percussioni, che sarebbero diventate strumenti per i quali spesso la guida ritmica viene subordinata alla continuita' melodica, improvvisando e contribuendo essi stessi alla composizione.
"Martians go home" e' infatti caratterizzato da un lavoro di questo tipo da parte di Shelly Manne, che con accenti situati in momenti impensati, brevi rullate sui vari tamburi, percussione sulle coste, fruscii leggeri dei piatti, pause improvvise e una guida ritmica leggera alternando bacchette e spazzole, condivisa con il contrabbasso in primo piano, riesce ad ottenere un risultato di grande effervescenza, raffinatezza e polarizzazione dell'ascolto. Nel tutto si inseriscono la tromba di Rogers con la sordina e il clarinetto "soffiato" di Jimmy Giuffre (che sembra tagliato da sempre per ogni tipo di sperimentazione), in assolo e in duetto, punteggiati qui e la' dagli accordi di Pete Jolly che poi entra anch'egli in assolo col piano.
"Martians go home" ha il suo momento di notorieta' ed e' il brano che caratterizzera' il gruppo. In Italia esce in un 45 giri con "My heart stood still" nel lato B e con una accattivante e altrettanto raffinata copertina di Guido Crepax che riproduce graficamente i Giants squadra di baseball con strumenti musicali e mazze.
L'album (in Italia segue ancora un EP con copertina sempre di Crepax) comprende "Oh play that thing", sempre di Rogers, un pezzo cosi' simile come struttura e raffinatezza a "Martians", che avrebbe potuto benissimo essere considerato e titolato come sua seconda parte. Il seguito comunque ci sara', nel nuovo album che appare quello stesso anno, "Martians come back". I marziani ritornano ma il pezzo e' molto meno fantasioso, con uno Shelly Manne lineare, anche se al contrabbasso e' subentrato l'ottimo Ralph Pena e al piano Lou Levy.
Il disco comprende una serie di brani con formazioni molto allargate e consente di ascoltare un eccellente "Dickie's Dream", a conferma della mai cessata ispirazione di Shorty Rogers a Count Basie .
In un album successivo di Rogers, Way Up There, troveremo "March of the Martians", che, pur non avendo nulla a che vedere con quelle prime sperimentazioni, ci regala ancora buoni assoli di Jimmy Giuffre.



 




 


 

 


 

 













 

 

 

 









 

 

 

 

 





 
 
   
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