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SI E' UCCISA PICCHI PIGNATELLI PRINCIPESSA DEL JAZZ
ROMA - ( Da Repubblica del  29 luglio 1993 ) 

di Simona Casalini

Del jazz diceva che era la sua energia interiore che trasformava l' anima. Per quelle note è vissuta e forse ne è morta. Si è uccisa sabato scorso Picchi Pignatelli, proprietaria del "Music Inn" il più vecchio, il più glorioso, e negli ultimi anni il meno amato dai burocrati capitolini, locale di jazz della Capitale. Anche lei, energica e solitaria imprenditrice di musica, ma quella elegante, colta e spesso dannata, ha scelto di andarsene con un sacchetto di plastica serrato intorno al collo col nastro adesivo. Non un biglietto, non un messaggio. Era sola in casa, nel suo appartamento nel cuore del Centro storico di Roma, in via del Governo Vecchio. Era la principessa romana della magica musica delle cantine, era la musa solitaria di un generazione di artisti "pazzi di stelle e di jazz". E' stata ritrovata ieri dai vigili urbani e dai poliziotti che erano stati avvisati dai vicini di casa. Il corpo era già in stato di decomposizione. Nei verbali del decesso c' è scritto che aveva 55 anni e che non era la prima volta che tentava di morire. Ci aveva già provato ad aprile dopo l' ennesima chiusura del locale per questioni di permessi non in regola, di certificazioni lacunose. In quelle sale per vent' anni c' era passata la storia dei grandi del jazz, però un recente verbale delle forze dell' ordine negava che il "Music Inn" potesse godere dello status giuridico di associazione culturale, negava che quelle cantine "promuovessero la cultura". E ancora una volta a marzo, il locale fu fatto chiudere. Picchi Pignatelli non aveva mai voluto suonare alcuno strumento eppure nessuno più di lei conosceva le eccentricità e le emozioni di quel circolo internazionale di artisti che ama la penombra, che vive dell' "altra" musica. A suo marito, Pepito Pignatelli, batterista, imprenditore musicale, dissipatore di robuste fortune e discendente di una delle più prestigiose famiglie dell' aristocrazia romana, Dexter Gordon aveva dedicato più di una composizione. Pepito era morto nell' 81, ucciso da un infarto a casa di amici in ore impossibili. Pensavano che dormisse, era un formidabile bevitore e una delle più leggendarie figure del jazz italiano. Da allora Picchi non volle più nessuno accanto. L' aveva sposato ventitré anni prima, a metà degli anni ' 60 avevano fondato insieme prima il "Blue Note", in via dei Cappellari, e nel 72 il "Music Inn" a largo dei Fiorentini. Morì Pepito ma lei non volle mai abbandonare quel mondo di artisti che rinasce solo dopo la mezzanotte. Sempre elegante e dai modi cortesi, continuò ad animare il ' loro' locale, pieno di fumo e di ricordi, con le salette scavate nel tufo e le foto ingiallite dei "grandi". Ma non era mai stato un semplice jazz club, neanche dopo la morte di Pepito: era un cenacolo, un salotto disadorno dove regnava un clima di grande rispetto e suggestione per la musica e i musicisti. Da lì sono passati molti dei personaggi che hanno tracciato la storia della musica: Charles Mingus, Bill Evans, tante volte Dexter Gordon, Art Blakey, Ornette Coleman, Max Roach, George Coleman, Gato Barbieri. A Chet Baker, nel momento in cui riprendeva la sua carriera ad alto livello, fu messo a disposizione l' intero locale perché suonasse con tranquillità, potesse trovare l' antica ispirazione. Il giovane Gato Barbieri senza una lira a Roma fu ospitato per mesi nella loro casa di Trastevere. Insiema al "Piper" e al "Folkstudio", il "Music Inn" è stato il punto di riferimento dell' inquieta generazione romana degli anni ' 70, ed è stato testimone di memorabili nottate come il ritorno dal vivo di Miles Davis o quella nel gennaio del ' 74 con Charles Mingus al contrabbasso ed Elvin Jones alla batteria in cui il pubblico sembrava impazzito, vibrava come l' anima di New Orleans. E da lì si erano fatti conoscere anche tanti giovani musicisti italiani, nomi come Giovanni Tommasi, Maurizio Giammarco, Enrico Pierannunzi e anche Massimo Urbani, ucciso un mese fa da un' overdose, uno dei tanti che se ne erano andati. Per lei, Johnny Griffin aveva creato uno struggente "Waltz for Picchi" al sassofono. Forse non s' é mai saputo che quella dolce signora della notte, vedova, senza figli e due fratelli morti di suicidio e di droga, per l' anagrafe si chiamava Giulia Gallarati e che a quindici anni in un club di via Veneto dove suonava Chet Baker giurò a se stessa che sarebbe vissuta solo per il jazz.

 

 
 
   
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